Analisi della corsa
LA CORSA
Il cammino, una volta raggiunta la velocità di circa 8 Km/ora, non è il modello più vantaggioso di locomozione e viene così sostituito dalla corsa. La corsa, secondo le rilevazioni dei fratelli Weber, diviene obbligatoria quando la frequenza raggiunge i 90 passi al minuto e la lunghezza del passo di 170 cm, ossia a circa 15 Km/h.
La caratteristica tipica della corsa è
la sostituzione della fase di doppio appoggio con una di doppia
sospensione (volo): per un certo tempo entrambi i piedi sono staccati
dal suolo.
Diversamente dal cammino è difficile
individuare una corsa standard: i parametri cinematici e cinetici
della corsa sono troppo variabili a seconda della velocità e non
c'è, a differenza che per il cammino, una velocità "normale"
della corsa.
È comunque possibile tentare una
descrizione ed individuare i punti più salienti anche in
considerazione degli ultimi studi sulla corsa.
Le fasi temporali in sequenza sono:
appoggio destro, doppia sospensione, appoggio
sinistro, doppia sospensione: la corsa può essere vista come un
seguito di salti. La durata delle due fasi di appoggio è circa i due
terzi quella di doppia sospensione.
Il piede prende contatto con il suolo
di medio piede o avampiede e, se la corsa è molto veloce il tallone
non prende mai contatto con il suolo.
Quando il piede è in appoggio ruota leggermente verso dentro generando una pronazione che è normale se si aggira intorno ai 10-15° tra asse del tallone e asse longitudinale della gamba.
Le calzature ammortizzate in molti
casi modificano il normale appoggio di avampiede postandolo sul
tallone. Questa situazione è stata individuata come possibile causa
degli infortuni da sovraccarico riscontrati nei runners.
Il diagramma delle forze evidenzia un
andamento completamente diverso nella corsa rispetto al cammino.
Infatti le forze di reazione sono più intense nella parte anteriore
rispetto a quella posteriore.
La gamba all'attacco è verticale o
leggermente inclinata in alto avanti: la coscia è più obliqua che
nel cammino, il tronco è inclinato in avanti di 15-25°.
All'appoggio ginocchio e anca sono più flessi che nel cammino.
Quando il piede prende contatto con il suolo, si scarica sul piede una forza pari a circa tre volte il peso corporeo. In un solo passo un runner medio di 70 kg deve sopportare un shock di 210 kg. Se il piede prende contatto con il suolo attraverso il tallone queste forze si trasferiscono in maniera brusca attraverso tutto l'arto. Prendendo contatto con l'avampiede queste forze vengono smorzate e si favorisce il prestiramento del tricipite surale sfruttando appieno l'energia elastica accumulata (stifness).
Fig. a
Fig. b
Come si può vedere nelle due figure
il diverso appoggio del piede genera forze di reazione differenti; in
b sono quasi nulle. La componente verso dietro decelerante (verde) è
ridotta al minimo dallo spostamento della perpendicolare del centro
di mass provocata dall'inclinazione del busto e dall'appoggio
sull'avampiede.
L'angolo formato dall'arto inferiore con il suolo alla fine dell'appoggio è nettamente più acuto rispetto al cammino aumenta la componente orizzontale della spinta e riduce quella verticale. La riduzione in tempi assoluti della fase di volo è molto importante ed è facilitata dalla forte flessione del ginocchio che riducendo la lunghezza dell'arto ne riduce anche l'inerzia del segmento da portare avanti. Anche la maggiore flessione dell'arto superiore ha il medesimo significato.
Si può notare come l'appoggio è
sempre d'avampiede o medio piede.
Un altro parametro da non
sottovalutare è la mobilità articolare ROM. Un buona mobilità
infatti può permettere una maggiore apertura della falcata e di
conseguenza facilitare la riduzione dell'angolo tra arto di spinta e
suolo favorendo in questo modo generazione di una componente di
spinta in avanzamento maggiore, a parità di forza prodotta, come si
può vedere dalla figura seguente.
Fig. c:
Maggiore è l'angolo tra i femori maggiore sarà la risultante di
spinta
Imparare nuovamente a correre con un
appoggio in avampiede, indossando un paio di scarpe non troppo
ammortizzate e protettive oppure addirittura scalzi, può portare
anche ad ulteriori benefici, come il rafforzamento dei muscoli del
piede, soprattutto in prossimità dell'arco plantare. Un piede più
forte è anche meno soggetto ad un eccessivo appiattimento in fase di
pronazione. Questo tipo di appoggio consente inoltre una maggiore
economicità di corsa, poiché sfrutta l'elasticità naturale del
piede e del polpaccio. Si faccia attenzione però a procedere con
gradualità nel passaggio da un appoggio di tallone, con scarpe
ammortizzate, ad un appoggio di avampiede, con scarpe meno
ammortizzanti: alcuni runners potrebbero sovraccaricare il polpaccio
e il tendine d'Achille sviluppando fastidiose infiammazioni.
Concludendo bisogna ricordare che non esiste una sola e precisa tecnica di corsa: ogni atleta ha un corpo ed una struttura corporea differente che lo contraddistingue.
LA CORSA IN SALITA
Nella corsa in salita, rispetto a quanto succede in quella in piano, il centro di gravità del corpo viene progressivamente sollevato, in una misura che è tanto maggiore quanto maggiore è la pendenza della salita stessa. Ogni punto di appoggio del piede, al termine di ciascuna fase di volo, infatti, è più alto del punto di appoggio precedente e, dunque, è come se si arrivasse al suolo scendendo da un’altezza inferiore a quella che è tipica, invece, della corsa in piano. Ciò spiega perché in salita l’impatto con il terreno (come si dirà più avanti) è inferiore. Sarà più ridotta anche l’energia potenziale elastica accumulata all’arrivo a terra dai muscoli dell’arto inferiore interessato.
Quanto esposto determina una situazione di minore esposizione a traumatismi da sovraccarico nella corso in salita rispetto a quella in pianura e in discesa. Gottschall e Kram (2004) hanno visto che, al momento dell’arrivo a terra dopo la fase di volo, i picchi di forza verticali, se confrontati con quelli della corsa in piano, sono sensibilmente maggiori nella corsa in discesa (+32% a -6° e +54% a – 9°) e molto inferiori nella corsa in salita (-22% a +6°). Gli stessi autori hanno constatato che, a sua volta, la componente orizzontale della “frenata”, vale a dire la riduzione dell’energia cinetica all’arrivo al suolo ha un aumento in discesa (+46% a -6° e +73% a –9°) e una diminuzione in salita (-38% a +6° e -54% a +9°). Secondo Minetti et al. (1994) in una salita con una pendenza superiore al 15% l’attività frenante è praticamente trascurabile.
Basandosi su studi di precedenti (Hreljac et al., 2000), Gottschall e Kram (2004) affermano che l’entità del picco di impatto al suolo nella corsa è la più importante fra le variabili biomeccaniche nel determinare infortuni muscoloscheletrici.
Essi, dunque, sostengono che i soggetti che stanno recuperando da infortuni agli arti inferiori saranno avvantaggiati se escluderanno dall’allenamento la corsa in discesa e, possibilmente, se compiranno soltanto corsa in salita.
Mariano Rubiu (Chinesiologo)
BIBLIOGRAFIA
Gottschall J.S.e Kram R.: Ground reaction forces during downhill and uphill running. Journal of Biomechanics, 38: pagg. 445/452, 2004.
Minetti A.E., Ardigò L.P. e Saibene F.: Mechanical determinants of the minimum energy cost of gradient running in humans. Journal of Experimental Biology, 195, pagg. 211-225, 1994.
Roberts T.J. e Belliveau R.A.: Sources of mechanical power for uphill running in humans. Journal of Experimental Biology, 208, pagg. 1963-1970, 2005.
Romano M., Salvatori G., Catalano F.: La deambulazione. Plenum Press, 1972.
University of California: Fundamental Studies of Human Locomotion Relating to Design of Artificial Limbs, 1974.